giovedì 24 giugno 2010

ORFEO

La storia
Secondo le più antiche fonti Orfeo è nativo della Tracia, terra lontana e misteriosa, nella quale fino ai tempi di Erodoto era testimoniata l'esistenza di sciamani che fungevano da tramite fra il mondo dei vivi e dei morti, dotati di poteri magici operanti sul mondo della natura, capaci di provocare uno stato di trance tramite la musica.

Figlio della Musa Calliope e del sovrano tracio Eagro, o, secondo altre versioni, del dio Apollo, appartiene alla generazione precedente l'epoca della religione greca classica.

Gli è spesso associato, come figlio o allievo, Museo.

Egli fonde in sé gli elementi apollineo e dionisiaco: come figura apollinea è il figlio o il pupillo del dio Apollo, che ne protegge le spoglie, è un eroe culturale, benefattore del genere umano, promotore delle arti umane e maestro religioso; in quanto figura dionisiaca, egli gode di un rapporto simpatetico con il mondo naturale, di intima comprensione del ciclo di decadimento e rigenerazione della natura, è dotato di una conoscenza intuitiva e nella vicenda stessa vi sono evidenti analogie con la figura di Dioniso per il riscatto dagli inferi della Kore.

La letteratura, d'altra parte, mostra la figura di Orfeo anche in contrasto con le due divinità: la perdita dell'amata Euridice sarebbe da rintracciarsi nella colpa di Orfeo di aver assunto prerogative del dio Apollo di controllo della natura attraverso il canto; tornato dagli inferi, Orfeo abbandona il culto del dio Dioniso rinunciando all'amore eterosessuale, "inventando" così per la prima volta nella storia l'amore omosessuale. In tale contesto si innamora profondamente di Calais, figlio di Borea, e insegna l'amore omosessuale ai Traci. Per questo motivo, le baccanti della Tracia, seguaci del dio, furenti per non essere più considerate dai loro mariti, lo assalgono e lo fanno a pezzi (vedi: Fanocle). Nella versione del mito contenuta nelle Georgiche di Virgilio la causa della sua morte è invece da ricercarsi nella rabbia delle baccanti per la sua decisione di non amare più nessuno dopo la morte di Euridice.

Le imprese di Orfeo

Ragazza tracia con la testa di Orfeo (1865) di Gustave MoreauSecondo la mitologia classica, Orfeo prese parte alla spedizione degli Argonauti: quando la nave Argo passò accanto all'isola delle Sirene, i marinai furono irretiti dal loro canto, ma Orfeo li salvò intonando un canto ancora più melodioso che ruppe l'incantesimo.

Ma la sua fama è legata soprattutto alla tragica vicenda d'amore che lo vide unito alla ninfa Euridice: Aristeo, uno dei tanti figli di Apollo, amava perdutamente Euridice e, sebbene il suo amore non fosse corrisposto, continuava a rivolgerle le sue attenzioni fino a che un giorno ella, per sfuggirgli, mise il piede su un serpente, che la uccise col suo morso. Orfeo penetrò allora negli inferi incantando Caronte con la sua musica. Sempre con la musica placò anche Cerbero, il guardiano dell'Ade. Persefone, commossa dal suo dolore e sedotta dal suo canto, persuase Ade a lasciare che Euridice tornasse sulla terra. Ade accettò, ma ad un patto: Orfeo avrebbe dovuto precedere Euridice per tutto il cammino fino alla porta dell'Ade senza voltarsi mai all'indietro. Esattamente sulla soglia degli Inferi, e credendo di esser già uscito dal Regno dei Morti, Orfeo non riuscì più a resistere al dubbio e si voltò, per vedere Euridice scomparire all'istante e tornare tra le Tenebre per l'eternità. Orfeo, secondo il mito, da allora rifiutò il canto e la gioia, offendendo le Menadi, seguaci di Dioniso che lo uccisero e lo dilaniarono, si nutrirono di parte del suo corpo e ne gettarono la testa nell'Erebo. La testa scese fino al mare e da qui all'isola di Lesbo, dove la testa fu sepolta nel santuario di Apollo. Il corpo venne seppellito dalle Muse ai piedi dell'Olimpo. La sua lira venne invece infissa nel cielo, e formò una costellazione.

Un'altra versione, più drammatica e commovente, parte dalle stesse premesse: Euridice muore uccisa da un serpente mentre scappa dalle grinfie di Aristeo. Orfeo decide allora di andarla a riprendere. Dunque, trova a Cuma la discesa per gli Inferi. Giunto lì incanta Caronte, Cerbero e Persefone. Ade acconsente a patto che egli non si volti fino a che entrambi non siano usciti dal regno dei morti. Insieme ad Hermes (che deve controllare che Orfeo non si volti), si incamminano ed iniziano la salita. Euridice, non sapendo del patto, continua a chiamare in modo malinconico Orfeo, pensa che lui non la guardi perché è brutta, ma lui, con grande dolore, deve continuare imperterrito senza voltarsi. Appena vede un po' di luce, Orfeo, capisce di essere uscito dagli Inferi e si volta. Purtroppo, però, Euridice ha accusato un dolore alla caviglia morsa dal serpente e, dunque, si è attardata... Quindi, Orfeo ha trasgredito la condizione posta da Ade. Solo ora Euridice capisce e, all'amato, sussurra parole drammatiche e struggenti: «Grazie, amore mio, hai fatto tutto ciò che potevi per salvarmi». Si danno poi la mano, consapevoli che quella sarà l'ultima volta. Drammatica anche la presenza di Hermes che, con volto triste ed espressione compassionevole, trattiene Euridice per una mano, perché ha promesso ad Ade di controllare ed è ciò che deve fare. Orfeo vede ora scomparire Euridice e si dispera, perché sa che ora non la vedrà più. Decide allora di non desiderare più nessuna donna dopo la sua Euridice. Un gruppo di Baccanti ubriache, poi, lo invita partecipare ad un'orgia dionisiaca. Per tener fede anche lui a ciò che ha detto, rinuncia, ed è proprio questo che porta anche lui alla morte: le Baccanti, infuriate, lo sbranano e gettano la sua testa nel fiume Evros, insieme alla sua lira. La testa cade proprio sulla lira e galleggia, continuando a cantare soavemente. Zeus, toccato da questo evento commovente, prende la lira e la mette in cielo formando una costellazione.

Evoluzione del mito
« Pensavo a quel gelo, a quel vuoto che avevo traversato e che lei si portava nelle ossa, nel midollo, nel sangue. Valeva la pena di rivivere ancora? Ci pensai, e intravvidi il barlume del giorno. Allora dissi "sia finita" e mi voltai »
(Orfeo ne L'inconsolabile di Cesare Pavese, dai Dialoghi con Leucò, Einaudi 1947)

Orfeo e gli animali. Mosaico romano di età imperiale. Palermo, Museo archeologico.Il mito di Orfeo nasce forse come mito di fertilità, come è possibile desumere dagli elementi del riscatto della Kore dagli inferi e dello σπαραγμος (dal greco antico: corpo fatto a pezzi) che subisce il corpo di Orfeo, elementi che indicano il riportare la vita sulla terra dopo l'inverno.

I riferimenti al mito nella letteratura greca arcaica e classica sono pochi, tanto che alcuni degli elementi essenziali della vicenda compariranno e verranno approfonditi solo dalla letteratura latina in poi. Due autori greci che si sono occupati del mito di Orfeo proponendo due diverse versioni di esso sono il filosofo Platone e il poeta Apollonio Rodio.

Nel discorso di Fedro, contenuto nell'opera "Simposio", Platone inserisce Orfeo nella schiera dei sofisti, poiché utilizza la parola per persuadere, non per esprimere verità; egli agisce nel campo della doxa, non dell'episteme. Per questa ragione gli viene consegnato dagli dei degli inferi un phasma di Euridice; inoltre, non può essere annoverato tra la schiera dei veri amanti poiché il suo eros è falso come il suo logos.


OrfeoLa sua stessa morte ha carattere anti-eroico poiché ha voluto sovvertire le leggi divine penetrando vivo nell'Ade, non osando morire per amore. Il phasma di Euridice simboleggia l'inadeguatezza della poesia a rappresentare e conoscere la realtà, conoscenza che può essere conseguita solo tramite le forme superiore dell'eros.

Apollonio Rodio inserisce il personaggio di Orfeo nelle Argonautiche presentandolo come un eroe culturale, fondatore di una setta religiosa. il ruolo attribuito ad Orfeo esprime la visione che del poeta hanno gli alessandrini: attraverso la propria arte, intesa come abile manipolazione della parola, il poeta è in grado di dare ordine alla materia e alla realtà; a tal proposito è emblematico l'episodio nel quale Orfeo riesce a sedare una lite scoppiata tra gli argonauti cantando una personale cosmogonia.

Nessun commento:

Posta un commento